A passeggio

A passeggio

con Nessun commento

Adoro uscire presto la mattina; quando l’aurora colora delicata senza ombre e ridefinisce la realtà.

Dormono quasi tutti ancora, persino la città e la campagna circostante con quel lieve brusio come di respiro di gigante quieto.

Sto in silenzio, respiro lentamente e divento io stesso il silenzio, nonostante il lieve fruscio degli abiti sulla pelle. Riesco a sentire il mio respiro, il mio battito, la mente ancora lenta lascia espandersi la consapevolezza del qui e ora. Non è nemmeno meditazione, è sentire di esserci, semplicemente, mentre una nuova giornata inizia, è una vera piccola rinascita di cui mi delizio. E sono grato.

Diverso e più colorito di umano è uscire in paese, o più tardi, ma abbastanza presto che la maggior parte dei negozi siano ancora chiusi. Passeggio, osservo e mi diverte quasi affettuosamente vedere le persone che passano e come si preparano ad affrontare la giornata.

C’è chi arriva allegro, fischiettante, profumato di colazione e biancheria pulita, come celebrasse contento ogni giorno, anche se magari in fondo non gliene importasse nulla; chi arriva stropicciato negli abiti, nel viso, reduce da notti insonni, o serate di bagordi; di alcuni ne puoi avvertire ancora i cattivi odori di alcool, fumo e chissà cos’altro che gli fanno da aurea intorno.

Una lunga chioma nera ondeggia ai passi di una mediorientale di età indefinita, il cui idioma riecheggia dalla sua interminabile telefonata, all’altro capo del mondo forse.

C’è la ragazza formosetta che davanti allo specchio dietro la vetrina si aggiusta la camicetta sul davanti e la spilla tra i capelli, si compiace non più timida ma intrigante, soddisfatta di ciò che vede riflesso.

C’è avanza ticchettando su tacchi rigorosi, elegante donna manager forse un po’ troppo vistosa di prima mattina, tant’è che sbircia quasi invidiosa un’altra signora che cammina elegante emanando quella sicurezza che a lei manca.

C’è chi arriva infiocchettato per un appuntamento romantico, giocondo come un regalo in attesa di essere scartato quel giorno stesso, forse.

Chi arriva imbronciato, agguerrito, risoluto per affrontare una ennesima battaglia quotidiana.

Chi confuso non sa nemmeno bene dove andare ne se arriverà a fine giornata,

Un paio di ragazzi con le sacche da scuola, vicini ma lontanissimi, entrambi col viso corrucciato, sguardo fisso sul cellulare, premono nervosamente i polpastrelli.

Sfila una vecchia Porsche tirata a lustro, al volante un viso trasognato di chi languido esibisce le proprie grazie, sigaretta in bocca e braccio steso fuori dal finestrino, tauromachia d’altri tempi che circola, magari dalla notte prima.

Qualcuno alza la serranda con l’energia dei giusti, ripetendo gesto dopo gesto le abitudini giornaliere in attesa dei primi clienti;

Chi ha il volto rubizzo, felice della bovina fiducia, certo che incasserà denaro anche oggi, e sorride finto tonto intravedendo il primo pollo in arrivo.
Un gruppo di operai albanesi o forse romeni, che hanno sostituito i classici muratori bergamaschi, fa sosta con grossi panini e lattine di birra con il cassone impolverato del furgone a fungere da tavolo.

C’è il panettiere che consegna di corsa le ultime ceste di pane e dolci, lasciando dietro di sé le fragranze di forno caldo, contento perché sta per terminare la sua giornata di lavoro.

Gli operatori ecologici da sempre conosciuti come spazzini, con la divisa colorata e i guantoni protettivi, divisi non in gruppi, ma tra chi lavora come un soldatino e chi cazzeggia arrancando dietro ai mezzi.

Qualcuno è già Zen, o forse lo sembra soltanto, dal colletto coreano su colorati abiti in stile misto indio giap, si sposta solenne guardando lontano, per mascherare chissà quali ansie.

C’è l’imprenditore ormai a riposo che comunque esce presto e prende il giornale per tenersi informato anche se non gli serve più; quel pensionamento anziché allietarlo gli pesa.

Si formano i primi capannelli di anziani con le bici, alle quali stanno appese le borse di spese già fatte, chiacchierano di intestini e altre peripezie tenendo le mani nelle saccocce di costosi giubbotti divenuti troppo grandi.

Gruppi di mamme ben vestite, sedute con caffè, dolcetti e sigaretta, sparlottano dopo aver portato i figli a scuola.

Il carosello di personaggi non finisce mai, ogni giorno certe figure sempre uguali si mescolano ad altre nuove che arrivano, alcune passano come meteore.
Chissà cosa pensano, mi domando, mentre io li osservo, il più delle volte senza essere visto nella mia discreta passeggiata.

Sarà, ma mi sento indubbiamente più consapevole e libero di loro; non ne godo ne mi dispiaccio, osservo e basta, godendo quegli scorci di vita di cui sono parte integrante, come se stessi diventando un poco saggio… o semplicemente un pigro e navigato curioso ?

Rispondi